Ve la sentite di tornare in campo così?

A distanza di tre mesi dalla chiusura totale delle attività agonistiche è uscito domenica 24 maggio il protocollo di ripresa allenamenti pubblicato dalla Federazione Italiana Rugby.

C’è ben poco da dire. Si può tornare in campo solo per cimentarsi in una specie di preparazione atletica condizionata dalle misure di sicurezza. E viene anche difficile contestare qualcuno o qualcosa. La FIR e World Rugby non possono fare altro che tutelarsi e dare un indirizzo operativo che non si allontani dalle disposizioni delle autorità mediche.

Iniziamo a rassegnarci. Il rugby del futuro prossimo dovrà districarsi fra gel sanificanti, palloni individuali, corsette, gimcane ed esercizi da Giochi Senza Frontiere. Solo che il programma televisivo panaeuropeo condotto da Claudio Lippi almeno era divertente.

Se si analizza in dettaglio il protocollo viene da chiedersi: ha senso dare appuntamento alla propria squadra di rugby per allenarsi sul campo? La FIR ha dato un segnale importante consentendo di rivedersi con i propri compagni in un appuntamento fisso che offre ai tesserati una parvenza di normalità. In spogliatoio però non ci si può andare. E questo lo si sapeva. Di fare contatto, mischie e rimesse laterali nemmeno a parlarne. I lanci del gioco sono stati i primi ad essere eliminati. Un rugby al tocco ad alto ritmo? No. E’ impossibile perchè si viola il distanziamento sociale. Esercizi di tecnica individuale a gruppi? Nemmeno.

Che rugby sarà senza mischie e touch?

Sul campo permane un divieto che a conti fatti è il più rilevante e forse anche il più duro da digerire. Non si può passare il pallone, anzi il pallone si può usare, ma solo in forma individuale. In pratica si chiede ai ragazzi di giocare con la palla un po’ come fanno le foche all’acquario. Il pallone potrà essere riutilizzato da un altro atleta solo previa accurata pulizia o igienizzazione. Questo recita il protocollo.

Non sto qui a discutere se sia giusto o meno, è una regola e la si rispetta, ma mi chiedo: non si può passare il pallone neanche utilizzando i guanti? Siamo così sicuri che un pallone igienizzato prima dell’allenamento sia più pericoloso di un pallone che qualsiasi amico potrebbe passarci nel cortile di casa? O più pericoloso di qualsiasi maniglia che, anche in tempi di covid 19, ci troviamo a toccare con incessante regolarità magari scordandoci di proteggere le mani a dovere?

La palla è un attrezzo che al pari di sacconi e scudi potrebbe ospitare in forma nefasta il virus sulle superfici. Dunque passarselo aumenterebbe la possibilità di contagio.

Come in ogni azione della nostra vita post covid però è il caso di separare ciò che non si può fare da ciò che facciamo in una precisa fascia di rischio consapevole. Divento qualunquista se sottolineo che la moltitudine dei giovani riversata nelle piazze d’Italia, fra spritz, sigarette e capannelli, potrebbe essere la stessa a cui si vieterà di passarsi il pallone?

La responsabilità degli sportivi e delle federazioni rischia di cozzare con l’attuazione delle regole di buon senso che la società civile sembra aver dimenticato da una decina di giorni a questa parte.

Il gioco del rugby va verso una evoluzione che difficilmente sarà metabolizzata senza snaturarne l’essenza. Toglierci anche il pallone è tanto necessario quanto doloroso.

La domanda adesso si fa più complessa: non più “da quando si potrà ripartire?” ma “fino a quando dovrà durare?”