L’Italia ha concluso il tour estivo con una vittoria per 44 a 12 ai danni del Giappone. Un risultato che ha rimesso la chiesa al centro del villaggio, dopo che nelle due precedenti partite di luglio nei campi sperduti degli arcipelaghi di Samoa e Tonga si era visto un azzurro un po’ sbiadito.
La nazionale guidata da Gonzalo Quesada ha messo nel carniere due partite su tre, ottenendo il quinto risultato utile in otto partite giocate nel 2024. Una buona media che poteva diventare ottima se si fosse vinto all’Apia Park.
Dai 240 minuti di luglio 2024 sono emersi diversi temi, che affrontiamo qui di seguito con la solita nonchalance.
Il grande dibattito sulla rotazione
I media specializzati hanno parlato molto del tasso di usura degli Azzurri e in parte hanno ragione. L’ossatura dell’Italia al Sei Nazioni è grosso modo la stessa che ha giocato a luglio. Inoltre va considerato che il blocco del Benetton, impegnato a fondo in URC e in Challenge, corrisponde a quello più utilizzato in nazionale.
È facile dirlo dal divano, ma l’impressione è che con queste premesse, qualche elemento probabilmente meritasse un po’ di considerazione in più.
Marco Zanon quando coinvolto ha subito dimostrato di essere adeguato al livello. Considerando che la coppia Menoncello-Brex tira la carretta tanto in nazionale quanto al Benetton, forse lo staff poteva concedere maggiori occasioni al centro originario di Bassano del Grappa. I 25/30 minuti di Sapporo sono sembrati davvero pochi.
Lo stesso vale (giusto per citare uno che mi piace un sacco) per Alessandro Izekor, in campo 80 minuti solo contro Samoa. Il flanker classe 2000 è un giocatore che ha brillato clamorosamente con il Benetton e per iniziare a farlo in Azzurro ha bisogno di una fiducia prolungata.
Loris Zarantonello è entrato in campo nel momento più difficile del test di Apia e non ha fatto stropicciare gli occhi. Va detto però che Nicotera e Lucchesi si sono sobbarcati il peso della numero 2 per gran parte della stagione, non sono esenti da infortuni, e tra pochissimo dovranno fare i conti con il duro contesto del Top 14.
Sicuramente è andata meglio l’alternanza dei mediani, con Alessandro Garbisi che rispetto a Varney e Page-Relo non è mai stato schierato titolare, pur senza perdere in intraprendenza quando chiamato in causa. In prima linea Danilo Fischetti è sempre partito dal primo minuto. Ci poteva stare qualche sprazzo in più per Giosuè Zilocchi.
In ogni caso è complicato dare torto su tutta la linea ad uno staff che si è insediato da nemmeno sei mesi. Anche i tecnici sono alla ricerca di certezze e la sconfitta con Samoa ha complicato l’intricato mosaico dei cambi che, con ogni probabilità, erano stati programmati diversamente.
Cosa non è andato: capacità di leggere le partite, indisciplina, sbavature
Il match con Samoa è la prima vera stecca dell’Italia targata Quesada. Si è affrontata una partita oggettivamente rischiosa con un’eccessiva confidenza nei propri mezzi. Samoa è stata descritta come una squadra caotica, ma gli Azzurri hanno patito soprattutto la fisicità e la concretezza degli avversari. Imparare la lezione ci è costato caro: 33 a 25 per gli isolani, un risultato che se fosse all’interno di un torneo come il Mondiale o il Sei Nazioni vorrebbe dire 5 a 0 in classifica e poco altro da dire.
Il focus su come tenere sotto controllo i competitor (inferiori solo sulla carta), è migliorato nel corso delle settimane. Nella sfida con il Giappone i due calci di punizione dalla lunga distanza di Martin Page-Relo hanno soffocato le velleità di rimonta dei Brave Blossoms, dimostrando un realismo all’opposto della confusione che era emersa ad Apia, quando gli Azzurri nel momento nevralgico della partita si erano intestarditi con delle soluzioni che sono sfociate in un nulla di fatto.
È migliorata anche la qualità esecutiva, decisamente sotto lo standard nei primi due appuntamenti.
In attacco, quando l’Italia ha fatto tutto con precisione, si sono viste combinazioni interessanti. Senza errori di gestualità le trame elaborate da Quesada emergono positivamente, mentre quando gli interpreti in campo cadono nell’approssimazione, l’efficacia del gioco con la palla in mano si abbassa pericolosamente. Un leit motiv che vale per tutte le squadre del globo e per l’Italia anche un po’ di più. Notoriamente non abbiamo individualità capaci di spaccare le partite dal nulla, dunque la forza dell’Italia sta nel buon funzionamento delle risorse collettive.
Sul piano disciplinare si è vista una piccola involuzione. A Sapporo l’arbitro non ci ha voluto bene (una decina di penalty fischiati a sfavore solo nel primo tempo) e in generale nell’arco di tre partite non si è vista una capacità evidente nell’ adattarsi al metro dei direttori di gara. Molto interessante invece l’enfasi data alle collisioni difensive. Soprattutto contro il Giappone abbiamo messo in chiaro che in determinate zone del campo non si passa e i numeri parlano chiaro: 34 placcaggi dominanti contro i soli 8 dei nipponici.
Cosa è andato bene: graditi ritorni e profili emergenti
I tour estivi servono per lanciare nuovi prospetti, per verificare lo stato di forma di chi è rimasto ai box per infortunio o per consolidare giocatori che si sono affacciati timidamente sul palcoscenico internazionale.
Ad un anno esatto dal suo esordio possiamo tranquillamente dire che la scommessa di Martin Page-Relo è stata vinta. Il mediano di origine francese, che guarda caso ha segnato la sua prima meta contro il Giappone nell’agosto 2023, è cresciuto progressivamente rivelandosi affidabile nel corso del Sei Nazioni e anche decisivo durante le ultime due partite di Summer Series. Imperfetto sui box kick, ma bravo a tenere alto il ritmo, a dettare i tempi di gioco e a piazzare da distanze siderali.
Il buon Stephen Varney, se non vuole perdere la n.9 titolare, deve iniziare a fare seriamente i conti con lui.
All’interno di una seconda linea un po’ in emergenza a causa delle condizioni di Ruzza, Andrea Zambonin si è rivelato prezioso. Contro il Giappone è arrivata la sua prima meta in nazionale che certifica una crescita tangibile un po’ in tutte le specifiche del ruolo. Non da meno Edoardo Iachizzi. Il seconda linea del Benetton era leggermente uscito dai radar a causa dell’esclusione mondiale e dell’infortunio del gennaio scorso. A luglio 2024 si è ripreso uno spazio adeguato alle proprie capacità tecniche. Jacopo Trulla ha fatto tutto quello che serviva: aumentare l’affidabilità, riprendere confidenza con l’atmosfera scorbutica dei test match e mantenere intatte le doti di attaccante che lo avevano lanciato in maglia azzurra.
Matt Gallagher è stato impiegato solo per 80 minuti in cui ha fatto vedere di essere un estremo molto preparato sul piano tattico. Loris Zarantonello non è giudicabile, mentre Mirco Spagnolo ha ribadito quell’energia positiva tipica di chi vuole ritagliarsi uno spazio sempre più ampio. Infine Marco Riccioni. Il suo rientro a pieno regime è semplicemente una gran bella notizia.
Cosa aspettarsi dall’autunno ovale
Ogni volta in cui l’Italia approccia un nuovo blocco di partite è tradizione che il Presidente della FIR annunci l’obiettivo minimo. L’auspicato 3 su 3 del tour estivo non è arrivato e allora bisognerà aspettare tempi migliori per fare in modo che le profezie si avverino.
A novembre siamo attesi da compiti altrettanto difficili, perchè affronteremo la Nuova Zelanda l’Argentina e la Georgia in una verifica che vale tantissimo in termini di consistenza generale del gruppo.
Premesso che nessuno chiede a Lamaro e compagni una vittoria con gli All Blacks, dall’altra parte gli Azzurri sono chiamati a dimostrare di valere di più dei rampanti Lelos e anche di essere superiori a dei Pumas in piena ricostruzione. Stavolta non ci saranno situazioni logistiche da gestire, né spostamenti transoceanici da ammortizzare: conterà vincere e convincere.