Guai ad adagiarsi sugli allori

La vittoria dell’Italia sulla Romania rappresenta il miglior antidoto per stemperare le non troppo velate polemiche suscitate dalla sfida con il Portogallo.

Un 45 a 13 sufficientemente autorevole, condito da 7 mete e 5 trasformazioni. In sostanza un’affermazione che riporta il sereno dopo i brividi provati a Lisbona.

Per gli azzurri si tratta della terza vittoria del 2022, un numero rassicurante. Cifra tonda a cui forse non siamo nemmeno abituati, ma che almeno fino alla partita di Batumi ci riconsegna un sorriso a 32 denti di cui avevamo bisogno.

Per fare una review della partita bastano le parole di Kieran Crowley. Il pragmatico coach neozelandese ha detto tutto ciò che c’era da dire: “buona reazione dopo la scorsa settimana, ma c’erano almeno tre o quattro mete che dovevamo segnare.”

E infatti l’Italia ha sprecato molte occasioni, consentendo ad una mediocre Romania di rimanere in partita anche più del dovuto. 

All’interno del match di Bucarest ci sono state delle combinazioni interessanti, vedi la meta del cavallo di ritorno Tommaso Allan, vedi anche la marcatura da calcio di inizio propiziata da Nemer, sostenuta da Lucchesi e rifinita da Cannone. Ci mettiamo anche due acuti di Menoncello (che in azzurro ha più punti che presenze), tante cariche di Zanon, qualche tocco elegante di Capuozzo e un ritmo frizzante imbastito da Alessandro Garbisi. Così, solo per dire a grandi linee ciò che è saltato più all’occhio.

Esaltarsi dopo una vittoria di carattere è giusto. Tralasciare le zone d’ombra (perchè ci sono state) invece è sbagliato. A partire da quelle penalità non convertite tra i pali con il preciso scopo di andare in rimessa laterale. Touch puntualmente perse, punti non acquisiti e palloni consegnati agli avversari. Un atteggiamento che si fatica a decifrare.

Anche perchè, con tutta l’empatia che possiamo provare nei confronti dei ragazzi in azzurro, chi siamo noi per poter snobbare 3 punti abbordabili sul tabellino? È logico avere confidenza quando affronti una squadra inferiore. Lo è ancora di più avere ambizione.

È molto meno ammissibile che lo spirito garibaldino dei nostri uomini sia scollegato dalla presa di coscienza dei limiti evidenti nelle fasi di conquista.

Che poi si tratti di meccanismi da oliare e non di incorreggibili deficit tecnici, poco importa, ad oggi non siamo perfetti in quei fondamentali. È meglio razionalizzare e affrontare le fasi più equilibrate della partita rimanendo sempre avanti nel punteggio.

La nota positiva è che abbiamo mostrato una evidente superiorità nello sviluppare il gioco laddove i rumeni ci consentivano di farlo. Siamo stati molto meno efficaci sugli aspetti basilari, l’abc  del piano di gioco che ancora fatichiamo a rendere fluido: i lanci in touch appunto, la conservazione di un possesso privo di sbavature quando azioniamo il drive, le sfide 1 vs 1 intorno ai raggruppamenti. 

In queste fasi la Romania ci ha ricordato che lo standard fisco del Tier 2 non è molto distante dal nostro: in poche parole, se affronti determinate squadre con la sicurezza di dominarle sugli impatti, loro ti mettono in difficoltà. Un monito da tenere in alta considerazione visto che domenica 10 luglio affrontiamo la Georgia.

Il terzo test match estivo è anche la verifica più importante di tutto il 2022. Tolta la vittoria rocambolesca col Galles, abbiamo l’occasione di timbrare il terzo successo della serie e di rispedire al mittente tutte le belle parole che la stampa internazionale spende spesso nei confronti  dei caucasici.

I Lelos rappresentano un banco di prova importante, anche se poi la narrazione sulla loro forza è abbastanza sbilanciata. In pratica non vincono con squadre di alto rango dal 2016, quando riuscirono a battere le Figi per 14 a 3. Poi con le big del rugby internazionale solo sconfitte, di cui la maggior parte senza nemmeno impensierire troppo gli avversari.

I loro punti di forza li conosciamo. È nostro preciso compito quello di leggere il contesto della sfida e mettere in risalto tutte quelle caratteristiche che invece ai georgiani teoricamente mancano: polivalenza, continuità, creatività. In poche parole bisognerà lavorare duro là davanti per poi usare la nostra maggiore qualità degli interpreti dal n.10 al n.15.

Ci sarà da sudare a Batumi. I georgiani sono reduci da una deludente sconfitta con la seconda selezione argentina (qui gli highlights) e appare logico che l’Italia rappresenti l’avversario preferito per una gustosa rivincita. In più possono contare sul buono stato di forma del giovane talento Naniashvili, sul ritorno del forte terza linea del Bordeaux Beka Gorgadze e su una coppia mediana LobhzanidzeAbzhandadze, magari non scintillante, ma affiatata e abituata a dettare all’unisono i ritmi del gioco.

Nel match di Kutaisi con Argentina XV i georgiani hanno realizzato 2 mete da prima fase, evento non raro per loro. Era già successo contro la Francia lo scorso novembre come nella Autumn Nations Cup 2020 erano stati bravi a finalizzare una giocata sulla linea dei trequarti contro l’Irlanda, dimostrando che attraverso un play book strutturato possono creare grattacapi.

Questo che cosa ci indica? Forse che la Georgia sta provando a evolvere la sua filosofia d’attacco attraverso un maggiore focus sui dettagli. Tanta attenzione sul timing di ricezione dei passaggi, buone linee di corsa. Al contempo la squadra di Levan Maisashvili pecca di qualità nel difendere da drive (nel novembre 2020 furono capaci di subire 4 mete fotocopia dalla Scozia) e non di rado lascia agli avversari lunghi frangenti della gara in cui subisce il gioco o commette errori difensivi marchiani. Dunque un avversario tanto temibile quanto vulnerabile.

La ricetta c’è e non prevede sconti: gli azzurri hanno un margine di relax pari a zero. Storicamente non sono mai stati particolarmente avvezzi alle imprese in terra straniera, figuriamoci alle strisce positive. E poi il gruppo è giovane, talvolta privo della giusta freddezza che serve per portare a casa le partite nervose.

Qui però c’è una ghiotta occasione, quella di fare filotto con la quarta vittoria consecutiva. Ciò significherebbe affrontare i test di novembre con una rinnovata credibilità internazionale, arricchita da una robusta presa di coscienza dei propri mezzi.

È una partita da vincere. Senza troppi artifici retorici da aggiungere.