Inghiottiti dal Mar Nero

Un'Italia orrenda nel suo giorno più importante

È brusco il risveglio dell’Italia del rugby dopo il test match contro la Georgia. La sconfitta di Batumi per 28-19, con la quale negli anni si è sviluppata una rivalità più chiacchierata che reale, è un brutto colpo per l’ottimismo che aveva iniziato a germogliare dopo la preziosa e insperata vittoria a Cardiff sul Galles dello scorso Sei Nazioni.

Gli Azzurri hanno perso meritando di perdere, con una prestazione che ha assunto tinte sempre peggiori man mano che la partita andava avanti. Una gara che per molti versi è somigliata a quelle vinte contro Uruguay e Portogallo, con dall’altra parte una squadra però ben più forte sia dei Teros che dei Lobos.

La partita della Adjarabet Arena è stata un dramma in quattro atti, nessuno dei quali recitati con la dovuta cura. Sebbene la preparazione strategica della partita non sia sembrata perfetta, il peso specifico maggiore lo hanno avuto i pesanti errori commessi dai giocatori in campo.

Atto I: Premessa

Il prologo della sfida, in realtà, vede l’Italia protagonista in attacco. Nei primi 7 minuti dell’incontro, la Nazionale gioca 4 possessi nella metà campo avversaria, con l’opportunità di indirizzare subito la partita e abbassare la temperatura di uno stadio caldissimo.


Tradizionale crash ball per Zanon in mezzo al campo, difesa stretta dalla carica in senso opposto di Ruzza, ricerca dello spazio largo con due passaggi consecutivi dietro la schiena. Bel lancio del gioco, passaggio così così di Allan per Brex, che butta una palombella per Padovani. Il grubber verso il centro di quest’ultimo è solo un modo per restituire il pallone alla difesa

Uno sarà sprecato da un brutto passaggio di Brex per Capuozzo dopo un offload interessante di Menoncello, uno sarà perso nel punto d’incontro per una brutta pulizia sulla carica di Lamaro, due finiranno persi per calci a seguire velleitari di Padovani e Zanon, che non mettono sotto pressione nessuno e consentono anzi una facile exit.


La mischia inizia nel modo migliore l’incontro, distruggendo gli avversari e rubando il possesso. Menoncello prende l’interno a Khveseladze, serve Brex e questo prova un passaggio difficile con due avversari addosso. Ne esce un goffo passaggio in avanti

Al di là della partita orrenda di Nacho Brex, che ha sbagliato ogni singolo passaggio durante l’incontro, e del problema di lunga data sulle ruck, lascia perplesso questo costante utilizzo del piede in attacco. Nel primo tempo l’Italia ha utilizzato il grubber 4 volte, le due succitate ed altre due con Menoncello.

Nessuno dei quattro calci aveva possibilità di recupero, nessuno ha messo sotto pressione gli avversari, anzi: sembrava evidente che la Georgia non fosse difensivamente arrendevole come la Romania, ma non fosse al tempo stesso in grado di difendere per lunghe sequenze senza commettere fallo o concedere qualcosa. Un possesso prolungato e ordinato, in attesa di riuscire a manipolare abbastanza la difesa per creare spazi, era l’arma migliore per mettere sotto pressione la squadra di casa. E invece ben 4 possessi sono stati buttati alla ricerca della soluzione immediata.


La scelta di Zanon di giocare con il piede manda Allan, il giocatore più rapido della squadra ma forse il meno indicato a tentare di recuperare un pallone in ruck, a mettere pressione. Dobbiamo fare meglio su un pallone di recupero che vede Zanon con 4 sostegni in campo aperto

Ecco, questo è stato il limite più grosso dell’attacco azzurro nel primo tempo: la necessità di risolvere le cose il prima possibile, sintomo di una mancanza di fiducia e di chiarezza nel piano di gioco e nelle proprie qualità collettive.

Atto II: Dolore

Dopo l’avvio non brillante, ma comunque offensivo, l’Italia subisce due mete nel giro di pochi minuti.

La prima nasce da una situazione dove gli Azzurri sono stati messi ottimamente sotto pressione dall’esecuzione precisa degli avversari: il box kick. Il mediano di mischia Lobzhanidze è stato uno dei migliori in campo, principalmente grazie al suo elegante piede destro.


Da una parte le scorte (dal gergo inglese escort, quei giocatori che, correndo all’indietro, fanno una sorta di cordone di protezione attorno al compagno che va a ricevere un calcio) azzurre non sono state perfette, dall’altro Lobzhanidze ha perfettamente calibrato i suoi calci, con un perfetto giudizio del tempo di volo del pallone e del tempo necessario ai compagni per arrivare sul punto di caduta. Qui Capuozzo non fa abbastanza per impedire a Tabutsadze di contendere il pallone e Padovani sbaglia la ricezione sotto pressione

Dal pallone perso di Padovani, la Georgia ottiene un calcio di punizione che trasforma prima in una rimessa laterale e quindi in un drive. 


Menoncello è ingenuo nel farsi intrappolare dal pilone georgiano Gogichashvili, ma a dirla tutta fa anche lo sforzo per cercare di togliersi dalla palla

La difesa italiana regge bene il multifase georgiano, fino a quando Lobzhanidze, con l’aiuto di Abzhandadze, non trovano la chiave per scardinarla.


La meta deve molto al colpo da biliardo di Lobzhanidze, ma anche alla regia di Abzhandadze. All’inizio della clip, infatti, si vede Alessandro Garbisi, incaricato della difesa profonda, anticipare decisamente la copertura nel senso di gioco. In quel momento il 9 georgiano è disinteressato del pallone, perché è lento e non ha molta qualità, ragione per cui è lasciato alla cura degli avanti. Lobzhanidze si gira, sembra che qualcuno gli parli, quindi guarda verso sinistra: evidentemente il suo numero 10 deve avergli indicato che la zona sinistra del campo dietro la prima linea di difesa è rimasta totalmente scoperta. A quel punto il mediano velocizza le operazione, va a cercarsi il pallone e illumina con l’esterno destro

La manovra georgiana è brillante, perché sfrutta una debolezza del sistema difensivo italiano, ma la difesa azzurra permette a Lobzhanidze di fare ben 6 passi laterali con la palla in mano in una situazione di inferiorità numerica, senza aggredirlo. Il 9 del Brive ha così tutto il tempo per pensare, mostrare al compagno di squadra Todua le sue intenzioni ed eseguire un ottimo calcio d’esterno per la prima meta.

A stretto giro di posta, l’Italia va doppiamente sotto mostrando di nuovo tutti i problemi sul gioco tattico, stavolta al contrario. A differenza del calcio di Lobzhanidze da cui parte l’azione della prima meta georgiana, infatti, il box di Alessandro Garbisi è più lungo, comportando una minor pressione su Davit Niniashvili. Menoncello è comunque abbastanza rapido da arrivare sul punto di caduta, ma il suo lavoro e quello dei compagni più vicini, Halafihi e Allan, è colpevolmente insufficiente.


Menoncello sbaglia completamente i tempi dell’intervento e non contende né placca Niniashvili. Halafihi e Allan sono troppo lontani dal punto di caduta per poter fermare immediatamente il pericolo pubblico numero 1. Da notare anche come le scorte georgiane si facciano ben pochi scrupoli nel tagliare fuori gli avversari.

Atto III: Nella partita

Dopo essere andata sotto per 12-0, l’Italia risponde con un controparziale di 13 punti in 13 minuti.

Tommaso Menoncello dimostra tutto il suo immenso talento stendendo il tallonatore avversario e andando a segnare una meta di pura potenza. L’immediata risposta dà fiducia all’Italia, che ha un periodo di netta supremazia di possesso e territorio, anche se non cessano i balbettii offensivi (e non cessano nemmeno gli utilizzi scriteriati del grubber, come già sottolineato).

Georgia ItaliaL’Italia riesce a non segnare punti pesanti da questo pallone di recupero. Zanon esegue un passaggio orrendo che va sul prato, Capuozzo deborda e prima di andare fuori butta un sottomano a casaccio in campo che finisce tra le mani di Padovani solo perché toccato da Gorgadze.

L’attacco degli Azzurri attraversa momenti di totale confusione, qui in ogni punto d’incontro impegnano almeno 4 giocatori per conservare il possesso. Questa sequenza terminerà con un improbabile tentativo di passaggio di 25 metri di Brex per Ruzza, isolato all’ala in parità numerica. Viene da chiedersi se sia solo una pessima esecuzione o se sia il piano che lascia a desiderare

Allan centra i pali due volte, finalmente l’Italia riesce a portare giù un calcio d’inizio con serenità e la partita sembrerebbe possa tornare ad indirizzarsi sui binari sperati, ma l’errore è di nuovo dietro l’angolo.

Gli Azzurri hanno un possesso nella propria metà campo e vuole andare a giocare nell’altra. Tommy Allan decide di andare al piede, provando a isolare Niniashvili nella profondità contro la salita di tre giocatori azzurri, ma tra Menoncello e Brex non c’è chiarezza sui compiti: l’estremo georgiano vince il pallone in aria e può scatenarsi in campo aperto, dove può fare sfracelli. Capuozzo è ubriacato, Garbisi evitato, Halafihi salva sulla linea ma si prenderà un giusto cartellino giallo per aver rallentato l’ovale con un fallo professionale. L’Italia torna precipitosamente, si ammucchia nei pressi del punto d’incontro per fermare i pick and go georgiani, ma dimentica di distribuirsi nello spazio. I Lelos con due passaggi sono dentro.

Per gli Azzurri è un colpo duro: partita appena rimessa in piedi e si deve di nuovo rincorrere. Il primo tempo finirà con una sequenza di fallimenti: prima Lucchesi fallisce per impazienza la meta del sorpasso ed è tenuto alto, quando rimanendo in coda ai compagni avrebbe potuto schiacciare più facilmente; poi il medesimo sbaglia la rimessa laterale seguente; infine, gli Azzurri vanno a terra da soli sull’ultimo tentativo di drive.

Dopo il tenuto alto di Lucchesi, l’Italia gioca forse la miglior sequenza del primo tempo: in 3 fasi Ruzza viene liberato sull’out di destra, Lamaro tiene alto il ritmo e continua ad avanzare. L’immagine fa riferimento alla fase seguente, dove i trequarti azzurri peccano di visione: Lucchesi andrà a prendersi i due avanti georgiani, venendo tenuto alto fino a forzare il fischio arbitrale, ma al loro esterno rimangono solo 2 difensori a coprire quasi 40 metri di campo, e Allan, Brex e Zanon avrebbero già potuto attaccare il varco evidenziato in giallo.

Non è quello il momento in cui gli Azzurri escono definitivamente di partita, però, anche se rappresenta certo una piccola vittoria per la Georgia.

Nel secondo tempo è chiaro che gli Azzurri devono segnare per primi. Lo fanno con Allan dalla piazzola al 52′ per andare a -3, ed è un accontentarsi, avendo ancora una volta fallito nel compito di andare oltre la linea.


Fuser arriva a un metro dalla linea, Garbisi gioca per qualche motivo a destra. A sinistra non c’è letteralmente nessuno. Lamaro, in preda al panico, butta la palla addosso all’arbitro.

Sul 19-16, però, l’Italia è in partita e, visto il dominio di possesso e territorio a cavallo dell’intervallo, sembra ancora possibile riuscire a costruire una vittoria. Magari non entusiasmante, ma gli entusiasmi sono già tramontati da un pezzo.

Il patatrac finale avviene dopo il calcio d’inizio seguente al -3. L’Italia, che ha appena inserito Paolo Garbisi per Marco Zanon a numero 12, decide di provare ad azzannare i 25′ finali cambiando marcia. Si gioca dalla zona rossa, ma dopo due fasi il pallone è perduto. La Georgia spreme un calcio di punizione (placcaggio senza chiudere le braccia di Cannone) e torna immediatamente a +6.


Fino all’errore, le scelte degli Azzurri sono tutte positive. In fin dei conti, il maggiore dei Garbisi si trova ad attaccare un 5v3. Ma lo sbaglia. È difficile risalire il campo con la palla in mano se per tutto l’incontro non hai fatto altro che buttare l’ovale sul prato

Atto IV: Inghiottiti

L’ultima parte della gara è una salita nell’Olimpo per la nazionale georgiana e una discesa negli inferi per l’Italia e i suoi tifosi. Dal 22-16 non riesce più niente: gli Azzurri vengono inghiottiti dai flutti del Mar Nero.

Il numero di passaggi che finiscono sul prato è disarmante, ogni pallone in attacco finisce in un nulla di fatto, i georgiani hanno la meglio in ogni fase di gioco e dominano la mischia ordinata e il punto d’incontro.

Se nella prima parte dell’incontro l’Italia aveva dimostrato di essere fuori fase, commettendo errori per ansia, frenesia, voglia di risolvere le situazioni e poca precisione, nel finale emerge la profonda immaturità di una squadra giovane, acerba, con una leadership ondivaga e senza niente a cui ancorarsi. Quattro anni fa, a Firenze, nei momenti di difficoltà che pur ci furono, ci si poté appoggiare sul carisma di Ghiraldini, Budd e Steyn, sulla determinazione tranquilla di Zanni, sul leading by example di Polledri. Dopo il ricambio generazionale, l’Italia deve ancora formare un gruppo di leadership solido che possa raddrizzare il timone quando tira burrasca.

In definitiva, tutto quello che è accaduto nell’ora e venti di gioco a Batumi ricade sotto l’ombrello dell’aspetto mentale di uno sport molto complesso, che richiede un ventaglio di abilità variegato, ma che in un’ultima analisi più si alza il livello e più si gioca nella testa oltre che nelle mani, nelle spalle, nelle gambe dei giocatori. Sarebbe troppo facile, però, dire che all’Italia è mancato il cuore, o la determinazione, o la voglia.

Gli aspetti psicologici dello sport professionistico, specie collettivo, sono più raffinati di così e sono difficili da coltivare, specie in un ambiente culturale che li sottovaluta come quello italiano. Basta solo pensare a quanto ha faticato a performare la nazionale italiana di calcio quando è stata sotto pressione per la qualificazione ai Mondiali.

Una sfida, quella di crescere nell’approccio emotivo alla gara, che l’Italia del rugby deve riuscire a ribaltare per sbloccare un ulteriore livello nella propria crescita, chiudendo con la regola dell’alternanza che la vede con la giusta attitudine solo ad intermittenza. La squadra di Crowley ha dimostrato di saper affrontare le partite con grande veemenza così come con frustrante inadeguatezza: gli All Blacks e poi l’Uruguay, il Galles e poi il Portogallo, la Romania e poi la Georgia.

Giocare più partite di questo tipo, contro un avversario vicino nel valore, di fronte al quale la vittoria o la sconfitta non sono un affare il più delle volte già scritto, non può che aiutare. Anche perché la Georgia si è meritata sul campo il diritto di affrontare più spesso le squadre che la precedono nel rugby mondiale.