Il ritorno di Vern Cotter in Scozia

Certi amori fanno giri immensi e poi tornano, allenando le Fiji

L’arco narrativo della storia si dipana in maniera piuttosto classica, come un romanzo cavalleresco: dell’eroe ingiustamente allontanato un lustro fa non si sente quasi più parlare, al suo posto ora regna un despota imposto dall’alto; lontano da casa, l’eroe mette insieme una banda di personaggi tanto eccentrici quanto fenomenali; fatto il proprio ritorno sul palcoscenico, il pubblico lo acclama, nostalgico dei fasti di un tempo; intanto, si profila all’orizzonte il duello con il perfido usurpatore e i suoi scagnozzi.

Assomiglia un po’ a Robin Hood, insomma, il ritorno di Vern Cotter in Scozia da allenatore delle Fiji, anche se lui dice di voler tornare nelle Highlands soltanto per pescare ed andare a caccia. Che di riprendersi il trono di Gregor Townsend, in fondo, non è cosa, oggi come oggi.

Ecco com’è andata, più o meno: Vernon Anthony Cotter nel 2014 lascia il Clermont e diventa capo allenatore della nazionale scozzese; in poco meno di un anno, il tecnico neozelandese costruisce una squadra solida, frizzante ed efficace che viene eliminata ad un passo da una semifinale mondiale da un fischio arbitrale scellerato e dal piede preciso di Bernard Foley; ciononostante, nel 2017 la federazione scozzese non rinnova il contratto di Cotter e dà la nazionale nelle mani di Gregor Townsend, unico allenatore capace di portare un trofeo di qualche tipo in Scozia (il Pro12 vinto nel 2015 con i Glasgow Warriors).

Dicono alcuni che in quell’occasione Townsend fu piuttosto diretto nei confronti di Mark Dodson, il CEO della federazione scozzese: o mi date la nazionale, o io me ne vado ad allenare all’estero e non mi rivedete più. Una cosa del genere. Sempre alcuni, forse anche di più dei precedenti, dicono che all’ex apertura della Scozia, però, non avrebbe fatto male qualche anno di gavetta in più sui banchi del Top14 o della Premiership.

Vern Cotter, invece, torna a peregrinare in giro per il mondo. Dopo la Scozia passa due stagioni a Montpellier, senza raccogliere poi molto, e dal 2020 diventa capo allenatore delle Fiji, una nazionale storica del panorama mondiale che sta sorprendentemente riuscendo ad ingranare una nuova marcia e a mettersi al passo con le esigenze del rugby contemporaneo.

 

Sabato 5 novembre Scozia e Fiji si troveranno di fronte e il pubblico scozzese, che a Townsend non ha ancora perdonato il fallimento del mondiale 2019 e il continuo avvitarsi fra la speranza di un salto di qualità e la costante delusione derivante dai risultati, sta in mezzo, attratto dalla nostalgia di un passato non poi così remoto.

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Certo, le Fiji non dovrebbero essere un avversario ostico come lo è stata l’Australia una settimana fa, per gli scozzesi. La nazionale del Pacifico arriva in Europa con diverse assenze e con un solo mediano di apertura, il 31enne Teti Tela, che nel frattempo è rimasto bloccato in Francia perché ha perso il passaporto ed è arrivato in ritardo al raduno. La squadra è insieme soltanto da lunedì, e avrà appena due allenamenti per preparare la gara contro la Scozia.

Tutto questo, però, fa montare in maniera ancora più pressante la necessità di un risultato positivo convincente per la Scozia. Le Fiji hanno comunque dalla loro parte il momento di forma straordinario della coppia di Tolone, composta da Waisea Nayacalevu e Jiuta Wainiqolo, ha recuperato Semi Radradra e Viliami Mata. La scommessa da vincere, per gli uomini venuti dagli antipodi, è quella di reggere nelle fasi statiche e mantenere il possesso nei punti d’incontro, perché con il pallone in mano non c’è cosa che non possano riuscire a fare.

Magari Vern Cotter non sarà tornato per riprendersi le redini della nazionale che fu la sua, ma un colpo gobbo nella partita di sabato potrebbe trasformarsi in una spallata decisiva ad un Gregor Townsend che in 5 anni alla guida della Scozia non è mai stato così in difficoltà.