Per l’Italia è tutto diverso

Un universo in espansione

Come in tutte le cose dell’universo, compreso l’universo stesso, momenti di espansione si alternano a momenti di contrazione.

Oggi, alla vigilia dell’inizio del Sei Nazioni 2023, l’Italia del rugby è pronta a espandere il proprio universo. Si trova in una delle rare situazioni in cui si apre una finestra di opportunità per diventare qualcosa di più importante.

Sono occasioni che il movimento tricolore ha già vissuto in passato. Per dirne una, se a Saint Etienne nel 2007, a quattro minuti dalla fine, il calcio di David Bortolussi avesse attraversato i pali invece di spegnersi alla loro destra, forse oggi il rugby avrebbe scalato qualche posizioni in più nella gerarchia degli sport di squadra e non solo nel nostro paese.

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Ci sono voluti praticamente 15 anni per tornare a quel punto, a una nazionale italiana capace di trasmettere vibrazioni positive, di vincere qualche partita in più contro avversari importanti, di attirare l’attenzione di coloro che vivono al di fuori della cerchia di adepti invasati della palla ovale.

Le cose, per questa Italia, sono cambiate in fretta. La rinnovata competitività degli Azzurri affonda le sue radici in un lavoro che viene da lontano, ma solo un anno fa l’Italia arrivava al Sei Nazioni con alle spalle un novembre bigio, e prima ancora un rocambolesco cambio di allenatore dopo che c’era stato un ancor più caotica successione dopo la Rugby World Cup 2019.

Due vittorie storiche, clamorose, hanno cambiato tutto. Per anni, l’Italia è stata un’ospite trascurato al tavolo del Sei Nazioni. Al di fuori dei confini nazionali in pochi avrebbero saputo citare i nomi dei giocatori azzurri, fatta eccezione per qualche celebrità à la Sergio Parisse o Martin Castrogiovanni. Sintesi sempre superficiali, analisi approssimative: d’altronde una squadra che perde sempre non attira molte attenzioni.

Il Sei Nazioni 2023 segna una svolta per le attenzioni che gli Azzurri riceveranno fuori e dentro il campo. Fuori si sono già visti i primi segni: al primo incontro stampa della settimana con un atleta azzurro, Alessandro Fusco, era presente un giornalista francese, rarità superata soltanto dalla presenza di un collega britannico alla conferenza stampa di Kieran Crowley dopo l’annuncio della formazione per la gara con la Francia.

L’ufficio stampa della Nazionale è stato bombardato di richieste nei confronti di Ange Capuozzo, un po’ per il suo essere eroe dei due mondi tra Francia ed Italia, un po’ per la stardom acquisita nel corso dell’ultimo anno.

In giro si parla anche della squadra italiana, c’è fame di conoscerne i protagonisti, i giovani con tanto potenziale che il movimento sta sfornando. Gli irlandesi si sono fatti un po’ prendere la mano: gli spettatori di Virgin Media TV hanno dato più possibilità all’Italia di vincere il Sei Nazioni che all’Inghilterra, al Galles e alla Scozia.

E poi, certamente, nessuna squadra avrà voglia di fare la fine di Galles e Australia, vittime delle qualità di questa squadra italiana ma anche della propria approssimazione nella selezione dei giocatori per la partita e nella preparazione delle sfide che le hanno viste finire sul lato perdente del tabellone.

Questo significa che nel momento di dare continuità ai propri risultati per alimentare il circolo vizioso di cui ha bisogno il movimento italiano per fiorire definitivamente, l’Italia si troverà con sempre più pressione addosso. Qualcosa di nuovo da gestire, qualcosa di bello, anche, da avere addosso. Una sfida importante che definirà il ritratto che faremo di questa squadra nel futuro, che segnerà la legacy di un gruppo che, da qui ai prossimi anni, ha l’opportunità di cambiare la narrazione di questo strano sport in questo strano Paese.