Convivenza: come far funzionare la coppia

Marcus Smith e Owen Farrell continuano a stare insieme

Per l’ottava volta consecutiva Marcus Smith e Owen Farrell hanno diviso il campo fianco a fianco con la maglia numero 10 e con quella numero 12 nella sconfitta dell’Inghilterra a Twickenham per mano della Scozia.

Una sconfitta storica: i ragazzi in kilt hanno ora battuto gli acerrimi rivali per la terza volta consecutiva, la quarta nelle ultime sei edizioni della Calcutta Cup, con in più un pareggio in mezzo che ha consentito loro di mantenere il controllo del trofeo di rupie d’argento.

Una sconfitta che fa male. La prima del nuovo corso inaugurato dal capo allenatore Steve Borthwick, affiancato da Kevin Sinfield per la difesa e Nick Evans per l’attacco.

Il triumvirato sembrava inizialmente orientato a lasciare da parte la convivenza dei due playmaker, dando un ruolo di primo piano al giovane primo centro dei Leicester Tigers Dan Kelly, il leader difensivo della squadra campione d’Inghilterra nel 2021/2022.

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Il trequarti classe 2001, però, si è infortunato prima dell’inizio del Sei Nazioni e non sapremo mai se avrebbe in effetti vinto il suo primo cap internazionale, mettendo fine alla coabitazione dei playmakers degli Harlequins e dei Saracens.

Senza Kelly, lo staff tecnico è tornato a rivolgersi a Smith e Farrell. I due hanno giocato insieme ogni partita dell’Inghilterra a partire dall’estate 2022, con un bilancio di 4 sconfitte, 3 vittorie e un pareggio. In precedenza, i due avevano potuto condividere il campo il 13 novembre del 2021, quando l’Inghilterra dominò l’Australia 32-15 a Twickenham.

È chiaro che i risultati non possono essere il metro di valutazione della coppia, che se a tratti ha funzionato benissimo, come nella clamorosa rimonta contro gli All Blacks, ha obiettivamente stentato a decollare se dopo tutte queste partite insieme ancora si parla dell’opportunità di schierarli insieme.

Dopo la sconfitta contro la Scozia, infatti, una larga parte del pubblico e degli addetti ai lavori battente bandiera bianca con la croce di San Giorgio ha puntato il dito contro la convivenza di Marcus Smith e Owen Farrell, nodo da dover in ogni modo sciogliere per alzare la qualità delle prestazioni della squadra.

È un falso problema. Anzi, di più: contro la Scozia abbiamo visto una delle migliori prestazioni offensive della coppia e l’Inghilterra è sembrata rivitalizzata e rinfrescata nel proprio sistema d’attacco. Il problema è che altrettanto non si può dire dell’aspetto difensivo, tanto a livello di sistema quanto di prestazioni individuali.

L’Inghilterra la partita l’ha persa per una serie di motivi, ma il principale difetto è stato subire 29 punti da una squadra con il 29% del territorio, appena 1 minuto e 45 di possesso nei 22 metri avversari e che ha fatto registrare 4,1 punti per ingresso nei 22. Per contro, il 2,1 dell’Inghilterra è un buon risultato in termini assoluti, un dato simile a quello della Francia contro l’Italia.

Rispetto al passato, la regia del gioco d’attacco dell’Inghilterra è sembrata meno una questione di turni nel prendere le redini e più una studiata suddivisione di ruoli fra Smith e Farrell. Quest’ultimo si è spesso fatto carico della distribuzione dei palloni dopo un punto d’incontro, lasciando all’apertura dei Quins la possibilità di galleggiare nella seconda linea d’attacco, aspettando il momento giusto per entrare in azione e potendosi prendere il tempo per guardare il quadro generale.

È una suddivisione dei compiti che deriva dalle caratteristiche dei due giocatori, con la rapidità di Smith che può essere un fattore importante quando innescato dietro le spalle dei compagni, andando a giocare al largo.

Guardiamo alcuni aspetti della prima meta dell’Inghilterra nella partita di sabato 5 febbraio.


In quinta fase l’Inghilterra è nei 22 metri avversari. Marcus Smith sta giocando da primo in piedi, e manderà Freddie Steward a cercare di avanzare nella difesa scozzese.


Dopo aver lasciato giocare gli avanti per due fasi, Farrell e Smith si parlano, con il giocatore dei Saracens che si assume la responsabilità di primo in piedi, per gestire le prossime fasi, mentre Smith può lavorare per capire come e dove colpire. Infatti, nella fase successiva, Farrell andrà nel senso di gioco, mentre Smith rimarrà sull’asse del punto d’incontro, valutando la situazione.

Ecco il momento di mettersi in azione: La Scozia ha solamente tre difensori negli ultimi 25 metri di campo, all’esterno di Farrell ci sono Ellis Genge e Ollie Hassell-Collins. Smith sprinta per fare il giro attorno al suo capitano e giocare quella situazione. Ecco come continua l’azione, che porterà poi alla meta di Malins:

Farrell è il primo uomo in piedi dietro il pod e agisce da primo playmaker, Smith gioca fuori per Genge e l’Inghilterra avanza, anche se la difesa scozzese fa un ottimo lavoro nell’arginare l’attacco avversario. La coperta però è divenuta corta: per coprire sul margine sinistro del campo si è creato spazio a destra, Smith, tornato ad agire da primo in piedi, pennella un cross kick perfetto per Max Malins.

All’inizio dell’azione che porta alla seconda meta, invece, si può vedere il funzionamento standard dell’attacco dell’Inghilterra con la struttura 1-3-3-1.

Dopo un pallone recuperato e portato da Marchant sulla linea dei 10 metri, l’Inghilterra è già entrata nella sua struttura: due gruppi di 3 avanti in mezzo al campo e i due playmaker nella tasca di ciascuno.


Dopo aver utilizzato il primo possesso con una proficua carica off 9, Farrell usa il pallone di qualità per una penetrazione il mezzo al campo che prova a fissare un certo numero di difensori e a dare una superiorità numerica all’Inghilterra nel senso di gioco.


Farrell riceve ancora da primo in piede nell’ultima zona di campo, dove Lewis Ludlam (l’1 finale dell’1-3-3-1) stringe la difesa con un angolo di corsa interno, mentre Smith riceve dietro schiena in una situazione di 3 contro 2 in spazi stretti.


Fermati oltre la linea del vantaggio, gli inglesi riprendono a lavorare all’interno del sistema. Nell’immagine sopra si vedono bene i due gruppi di 3 avanti e l’ultimo giocatore del pacchetto di mischia, Maro Itoje, che si sta rischierando nell’ultima parte del campo, a sinistra. In questa situazione Farrell utilizza un’altra delle opzione che questa struttura consente di sfruttare: viene servito dal pull back di Kyle Sinckler per mettere subito in moto il secondo pod e mandare Alex Dombrandt a sfidare la difesa.

Dall’altra parte si ripete ancora lo stesso copione: Itoje attacca alto per offrire una penetrazione a Farrell, che può anche giocare dietro la schiena del seconda linea e servire Smith con due trequarti all’esterno.

L’Inghilterra chiuderà poi la sequenza due fasi dopo: prima Farrell trova l’avanzamento decisivo servendo Marchant all’interno, mentre la difesa già si preparava a riaffrontare lo stesso svolgimento del gioco visto in precedenza. Dopo il bell’ingresso del 13, la difesa è fuori equilibrio e le strutture offensive saltano: si gioca dando priorità ai principi del gioco. Gli avanti dell’Inghilterra, e in particolare Genge, sono perfetti nel leggere la situazione ed eseguire, permettendo a Malins di segnare la doppietta personale.

La qualità dell’attacco inglese nella partita di sabato è stata notevole. Non solo per la combinazione tra Smith e Farrell, che con l’andare avanti del tempo può portare ad aprire ancora più opzioni nella struttura fin qui piuttosto basica dell’attacco inglese, ma anche per un gioco degli avanti propositivo e difficile da fermare.

Ecco perché le aspettative sono per una nona sinfonia con il doppio direttore d’orchestra quando Twickenham tornerà a riempirsi domenica 12 per Inghilterra-Italia.